E adesso parlami di te Di quando balli da sola Di quando torni da scuola E ti rifugi in una stanza Adesso taglia la distanza Tra questo monitor e i nostri occhi Lascia che ti tocchi Una carezza sui capelli Su questi tuoi anni belli Questa giovinezza Che è stessa una poesia Non ti serve la mia Parlami di te Dei libri che hai letto e di quello che hai detto quando volevi farti capire Voglio sapere Voglio arrivarti al centro Perché quello che hai dentro Oggi mi ha incantato Parlami di te Mare dolce e salato Di questo pomeriggio nuovo In cui ti cerco, ti trovo
Roberta Lipparini
Questa è la poesia che Roberta ci ha lasciato alla fine del magico incontro che il gruppo Leggere Ribelle ha tenuto in occasione del suo compleanno! Un incontro pieno di emozioni, parole, rime e sensazioni che hanno riempito le menti dei giovani lettori.
E’ così Leggere Ribelle ha festeggiato il suo terzo compleanno. Nel marzo di tre anni fa nasceva, infatti, il nostro piccolo ma energico movimento di giovani lettori ribelli. Mese dopo mese, incontro dopo incontro, festival dopo festival Leggere Ribelle è cresciuto ed è maturato e ancora oggi continua a leggere e parlare di storie.
Originalità, ribellione, vite fuori dal comune: questi sono gli ingredienti che i lettori ribelli cercano e trovano nei loro libri. Oggi, i membri di Leggere Ribelle vogliono lasciarvi un assaggio di questi libri, più precisamente quelli che maggiormente li legano al gruppo, che sono rimasti nei loro cuori e nelle loro menti.
Eccoli!
Soff → Una voce dal lago, di Jennifer Donnelly
Sery → Skellig, di David Almond
Meri_nga → Cercando Juno, di Gary D. Schmidt
Lullaby → L’albero delle bugie, di Frances Hardinge
Jo → Bianco, di Laura Bonalumi
Real → Cercando l’onda, di Christopher Vick
Annie → Qualcuno con cui correre, di David Grossman
JulieJane → Una voce dal lago, di Jennifer Donnelly
Serenabook → Quello che non sai di me, di Meg Wolitzer
Federos → Berlin. La saga, di Fabio Geda e Marco Magnone
Fuori dalla chiesa, la peggiore bufera di neve che si ricordi. Dentro la chiesa, sette persone rifugiate e isolate dal mondo. Una ragazza, una donna, due bambini, un uomo, un prete, un ladro. Tutti hanno perso qualcosa di molto prezioso. Ma nessuno ha perso la speranza di uscire da lì, salvarsi e tornare nel mondo esterno. Mentre fuori la nevicata non accenna a diminuire, dentro i viveri scarseggiano e ogni decisione può fare la differenza tra sopravvivere e morire.
Inizia così Bianco, romanzo distopico della scrittrice italiana Laura Bonalumi, e credo non ci sia modo migliore per riassumere la tragica ma potente storia raccontata nel libro.
I giovani ragazzi del gruppo Leggere Ribelle hanno avuto l’onore di incontrare, online, la scrittrice milanese. Dopo aver letto il libro Bianco, i ragazzi hanno raccolto moltissime impegnative, pensate, ponderate domande che hanno poi posto all’autrice. Questa ha risposto con considerazioni profonde ed equilibrate, ma sempre un po’ ribelli, caratteristica fondamentale per il nostro gruppo. Ma ora lascio la parola direttamente ai giovani ribelli e alla scrittrice, che vi riporteranno direttamente all’interno della loro appassionante conversazione.
L’incontro inizia con il nostro classico giro di saluti colorati e, dopo una piccola introduzione, si entra subito nel vivo delle domande.
SERY: Come si è sentita quando, dopo aver scritto Bianco, il mondo ha subito un cambiamento simile a quello raccontato nel libro? E com’è nata, invece, l’idea di un romanzo distopico? Quando ho iniziato a pensare a questo libro ero a Conegliano Veneto e questa storia è arrivata a me dopo un fermo della scrittura. Non sono una scrittrice diligente, ho bisogno di sentire la scrittura che spinge per cominciare a battere sui tasti del computer. A Conegliano Veneto stavo quindi osservando i ragazzi di Friday for Future che manifestavano, poi alla sera in albergo in tv davano il film The day after tomorrow, che parla di una glaciazione della terra. Ho collegato le due cose. Sono molto attenta ai segni, alle coincidenze. Lì è nata l’idea di abbinare la mia preoccupazione per la nostra terra e la mia passione per la neve. Quando comincio a pensare a una storia vedo in giro segni che parlano di quell’argomento e mi convinco che la storia è giusta. Bianco non l’ho scritto durante la pandemia, ma prima. Forse è stato un allarme nella mia testa che mi faceva pensare che qualcosa sarebbe successo, la mia grande preoccupazione per la Terra si faceva sentire. Ho pensato Magari ora qualcuno starà a sentire la nostra Madre Terra, che come sapete dà tanto ma toglie altrettanto. E quando toglie, lo fa in maniera esorbitante.
SOFF: Con questo libro vuole dare un messaggio di avvertimento o di speranza? Alla fine, i protagonisti incontrano altre persone, ma non ci sono evidenti segni che la neve si possa sciogliere presto. Non c’è un happy ending, è vero. Le storie che scrivo hanno tendenzialmente un finale aperto perché il lettore può decidere se continuare la storia, e come continuarla, in base a ciò che ha provato leggendola. Per questo lascio sempre un finale un po’ sospeso. C’è sempre la speranza, ovviamente. Anche se mi accorgo di trattare di temi pesanti cerco di lasciare sempre la speranza perché è ciò che ci fa muovere. Voi giovani siete la speranza. Io, infatti, ho chiuso questo libro porgendovi le mie scuse, perché noi che siamo più adulti dobbiamo ammettere di non aver mai pensato alla Terra, ma abbiamo cercato solo di produrre profitto illudendoci che questo profitto fosse benessere. Questo libro non è proprio un avvertimento, ma una luce in più su questo problema che ci riguarda davvero tutti.
WIKI: Perché, in tutti gli altri suoi romanzi, la neve mostra il suo “lato buono” e in Bianco c’è invece una neve che uccide, una neve fredda, più maligna? Come ho detto prima, Madre Natura può diventare matrigna: terremoti, uragani, quando Madre Natura alza la voce. C’è un doppio lato della natura, una doppia faccia: è l’unico modo che essa ha per farsi sentire, affinché noi prestiamo attenzione a ciò che le stiamo facendo. Quindi sì, anche la mia amata neve può trasformarsi, per ricordarci quando ci stiamo comportando male.
REAL: Nel romanzo la protagonista evidenzia spesso il fatto che si sente come se la natura l’avesse tradita. Questo rapporto con la natura che significato ha per lei? È il mio rapporto con la natura: l’amore e la paura che io nutro verso Madre Terra. Da una parte mi spaventa, ma penso che sia proprio la voce della natura che ci comunica che qualcosa non va, che ci stiamo facendo male. Tutti questi eventi naturali catastrofici vogliono richiamare la nostra attenzione. Vi sarete accorti anche voi che durante il lockdown i cieli erano diversi, a Venezia si vedevano i fondali, i cerbiatti scendevano a valle. La natura ci ha mostrato come si potrebbe vivere, come potrebbe essere. Il sentimento di tradimento, però, non lo provo verso la natura, ma verso noi stessi, che non l’abbiamo curata e ve l’abbiamo lasciata ferita.
MERI_NGA: Nelle prime pagine, durante una conversazione tra la protagonista e Davide, lei parla di come, davanti alla mancanza delle cose più grandi, la presenza di quelle minori non ha valore. Durante tutto il racconto, però, viene messo in evidenza il fatto che ciò che prima era considerato futile acquista, in un contesto in cui manca il necessario, una grande importanza. Quale crede sia il pensiero più emergente nel libro, così come nella nostra vita? È una bellissima osservazione: il valore delle piccole cose. Ho sempre cercato di gioire per le piccole cose: guardare un film, mangiare la pizza, andare a trovare la ziao il compagno. Durante questo lockdown, che è simile a quello avuto dai protagonisti, mi sono accorta di come le piccole cose tornassero importanti: una partita a carte, fare i puzzle insieme. Durante la pandemia non ho scritto nulla e ho letto pochissimo, ma mi sono dedicata a cose che non faccio normalmente. Ritrovare il piccolo negozio sotto casa, che magari ti era sfuggito per la fretta di fare la spesa. Ricordarsi, parlarsi, dirsi come si sta, come si vive questo momento. La velocità ti fa perdere il panorama, il nostro viver così veloce ti fa perdere il valore delle cose. Rallentare, osservare, sono momenti fondamentali che mi piacerebbe tornassero. Cerco sempre di raccontare di questo. Quando si va veloci i particolari sfuggono. Le persone invece le si riconoscono dalle piccole cose. Voi siete un piccolo gruppo, voi siete un gruppo prezioso.
FEDEROS: Ho notato che il carattere di Isabella è descritto in modo molto preciso, soprattutto il suo rapporto con la religione. Ha preso spunto da persone che conosce per inventare il personaggio? I personaggi li descrivo poco fisicamente, ma più caratterialmente, come hai giustamente notato. Poi, però, i personaggi me li creo fisicamente nella mente o cercando immagini. Per Isabella pensavo alla Katniss di Hunger Games con questa lunga treccia, la sua decisione e una volontà di ferro. Mi tengo queste immagini e poi ci abbino delle caratteristiche di persone che conosco, vari tratti di personalità. Mi concentro molto sul carattere, identifico i personaggi a livello caratteriale: la debolezza di Miriam, la forza di Davide… Ognuno ha una definizione propria del suo carattere.
SERENABOOK: La morte, in questo libro, viene quasi consacrata mentre di solito è un argomento di cui è difficile parlare, come mai questa scelta? Io parlo spesso di morte, perché purtroppo nelle nostre vite sarà capitato a tutti di dover salutare qualcuno. Ho cercato di parlare del fatto della morte per far parlare tra di loro i protagonisti, affinché raccontassero il dolore quando si ritrovano a perdere qualcuno. La tragedia della neve, il gesto di Don Pietro, il tentativo di Miriam di far addormentare i gemellini. Ho parlato della morte cercando di darle il giusto valore perché è parte delle nostre vite, una situazione con cui dobbiamo convivere. Ne parlo affinché, quando capita a qualcuno di noi, si trovi il coraggio di parlarne. Quando provo dolore e lo tengo tutto per me, questo diventa molto forte. Se provo invece a condividere questo dolore… Se riesco a raccontare a te il mio dolore e tu mi stai ascoltando è come se il mio dolore diventasse un po’ più piccolo perché tu te ne stai facendo carico e di conseguenza mi stai aiutando. E’ vero, la morte è una parte molto negativa della nostra vita, ma è una parte della nostra vita molto presente.
REAL: Nel libro tratta temi difficili come quello del lutto, secondo lei è giusto parlare con i giovani di tutte le emozioni, anche quelle più negative? Sì, penso proprio di sì. Credo che con voi ragazzi si possa e si debba parlare di tutto, con i dovuti modi e mezzi. Ovviamente e soprattutto perché voi giovani siete più bravi a gestire alcune situazioni. La vostra purezza e visione della vita non condizionata è più propensa a trovare soluzioni, ragioni e metodi di comprensione. Due anni fa ho perso la mia migliore amica, proprio mentre ricevevo un premio per un libro che parlava della perdita di un amico. In quel momento ne ho parlato con i ragazzi che erano con me e parlarne con loro mi ha aiutato, mi ha fatto sentire meglio. Parlare di tutto con voi nel modo giusto, senza forzare o provocare reazioni incandescenti, è indispensabile. Dobbiamo parlare di queste cose nel modo che meritano.
WIKI: Mi ha colpito molto il fatto che Miriam, a un certo punto, pensasse di avvelenare Anna e Luca, e mi sono chiesta se ha pensato molto o poco a come creare questa disperazione che divora da dentro e che non lascia pace. Tracciare il canovaccio di una storia è un’esperienza molto personale, che cambia man mano che si scrive. Sono i personaggi stessi che ti portano verso determinate strade: per esempio, il tentativo di Miriam inizialmente non lo avevo pensato, ma poi ho capito che dovevo mostrare in qualche modo quella disperazione e quel dolore enorme e inqualificabile che lei non riusciva a raccontare e che io non riuscivo a raccontare con le parole. Ho deciso quindi di farle compiere questo gesto estremo per raccontare il suo dolore. La disperazione che ti fa mettere in atto dei gesti estremi.
VIC: Nel libro tutti hanno perso qualcuno. Tutti però trovano qualcun altro di cui prendersi cura. Sembra un romanzo anche sul prendersi cura, di sé stessi e degli altri. Giusto? È giusto dire che questo è un libro sul prendersi cura di altri. Come quando si racconta del proprio dolore, è una condivisione e una cura reciproca. Quando racconti a qualcuno il tuo dolore, te ne liberi. Allo stesso tempo prendersi cura di un’altra persona è prendersi cura di se stessi, un modo per volersi bene. Capire il dolore degli altri ti fa capire di non esser l’unico in una situazione di sofferenza, ti rende consapevole di essere sullo stesso piano.
SOFF: Perché ha deciso di inserire una specie di storia d’amore tra due protagonisti? Io sono una di quelle che critica sempre gli editori e gli insegnanti che non consigliano libri d’amore. Penso che oltre a tutti i temi importantissimi che vengono citati sempre nei libri per ragazzi (bullismo, abuso, violenza), c’è la tendenza a mettere l’amore in un angolino. Le insegnanti dicono Ma non c’è nel programma e io rispondo Ma l’amore entra nella programmazione delle nostre vite. Se noi non sappiamo gestire il sentimento, la nostra vita sarà un po’ più arida. L’amore è il motore del mondo e delle nostre vite. L’amore condizionerà nel bene o nel male le nostre vite sempre, non solo ai giovani ma a tutti, a qualsiasi età. L’amore è ciò che muove la nostra energia. La speranza nel libro è data dal raggio di sole o dal cane che arriva col messaggio, ma anche dall’amore che ancora brucia dentro i personaggi. Raccontate i vostri sentimenti, perché sono un dono.
SERENABOOK: Ogni personaggio racconta, anche nel suo piccolo, quelle che sono le tappe della propria vita e come ha affrontato questo cambiamento. Fa parte della costruzione dei personaggi o le è venuto naturalmente finché scriveva? Fa parte della costruzione dei personaggi. Per raccontare e creare la vita di un personaggio, io devo raccontare le sue passioni, chi era prima del grande disastro. Per questo ognuno, in qualche modo, racconta all’altro quali sono i passati sogni e desideri. I personaggi sono in una situazione drammatica di emergenza e il loro comportamento è diverso rispetto a quello che potrebbe essere in una situazione tranquilla di banale quotidianità. Quando Giovanni arriva, Isabella prova ostilità nei suoi confronti, all’inizio c’è paura a raccontarsi ma ci si può prendere cura degli altri solo se loro riescono a raccontarti di se stessi e si aprono con te.
REAL: Mi ha colpito il rapporto di Isabella con la religione: il suo sperare pur sentendosi tradita da Dio. Questo è un tema che ho voluto affrontare, perché anche nelle scuole la religione ormai è insegnata come catechismo. Ma la religione dovrebbe essere insegnata come studio su come la stessa abbia regalato gioie e speranza, ma anche dolore e difficoltà. I dubbi che la fede ti pone sono fondamentali, altrimenti non sarebbe fede. Se non credi nel mio Dio, credi nell’uomo, ma in qualcosa bisogna credere. Nella scienza, in un dio, nella natura. Un appiglio al quale mi aggrappo quando l’acqua sale e che mi tiene a galla. Isabella si pone delle domande e le chiede a Don Pietro: perché succedono queste cose? Pietro non vuole giustificare, ma cerca di trovare delle risposte che potrebbero arrivare dalla sua fede. Bisognerebbe chiedere ai ragazzi In cosa credete? È importante riconoscere qual è quell’appiglio di ognuno.
WIKI: Per me, ha un significato particolare anche la morte di Pietro e le convinzioni di Isa sul fatto che se Dio esistesse li aiuterebbe, ma non lo ha fatto. Ci spiega un po’ più approfonditamente questa visione della religione? È la sua o solo quella del suo personaggio? È un po’ una mia visione. Quando un autore scrive non deve entrare ad agire sui sentimenti dei personaggi, ma io volevo che Isabella arrivasse a raccontare questo punto di vista particolare: si deve credere in qualcosa. Isabella arriva all’esasperazione del: il tuo Dio dove sta ora? Pietro gli risponde che in qualcosa si dovrebbe credere. Io credo meno nella chiesa, ma credo in Dio. Ognuno ha una fede per qualcosa, non necessariamente per una religione. Ho una visione molto libera, ognuno di noi crede in quello che vuole, e ho provato a far raccontare a Isabella che, nel rispetto del credo di ognuno di noi, io devo trovare il mio.
MERI_NGA: Isabella crede che non possa esistere un Dio che ama ma che lascia causare tanto male. Lei cosa ne pensa? La posizione di Isabella è la posizione carica di certezza che avete voi ragazzi a quest’età: tutto è bianco o nero. È la sintesi di alcuni modi che avete di arrivare a concludere certi argomenti. Isabella incarna quindi la vostra opinione, dall’altra parte Pietro tenta di spiegare cos’è la fede: chi crede, trasforma quello che di negativo gli succede in qualcosa che insegna. La religione è credere in qualcosa che è molto più grande di noi, che ci può aiutare, e che, nonostante possa apparire talvolta crudele, ha sempre un insegnamento dietro di sé. Chi ha fede percepisce il male come fosse insegnamento di questa fede. I ragazzi hanno questa forza di credere di scelte assolute, o è bene o è male. Invece no, c’è sempre una spiegazione per qualsiasi cosa. Avere fede in qualcosa è un gesto importante.
JO: Il finale è aperto all’immaginazione del lettore, nessuna certezza su ciò che accadrà alla famiglia bloccata dalla frana, nessuna certezza su ciò che accadrà ai personaggi principali, nessuna parola FINE, come è solito trovare nell’ultima pagina di un libro. Come mai questa scelta? Ci sono probabilità di una possibile parte 2? Dirò all’editore che bisognerà scrivere il seguito! Il finale aperto è una scelta per lasciare il lettore a pensare ancora per un po’. Chiudere una storia mi sembrerebbe un po’ pretenzioso e presuntuoso. Io, autore, ti ho accompagnato in questo cammino, ma non voglio chiudertelo. Sarai tu, lettore, a decidere se chiuderlo o meno, se il ghiaccio si scioglierà e arriverà il sole. Il lettore diventa il protagonista e sceglie di continuare, modificare o chiudere il finale. Questa è la magia dei libri.
JO: Perché questo titolo? Credo che il titolo dovrebbe spiegare meglio il succo della storia. I titoli vengono solitamente scelti dagli editori. Il titolo che avevo scelto era Nascosti tra le righe, ma me l’hanno bocciato subito. Però, in fondo, loro stanno all’interno perché fuori tutto è bianco e questo bianco li forza a raccontare, a convivere, ad aiutarsi. Tutto accade per il bianco. All’inizio era Nel bianco, ma io ho deciso di togliere il Nel per renderlo più pulito. Jo aggiunge: avrei preferito Nascosti tra le righe, è più misterioso ma riassume tutta la storia.
COPERTINA: Si parla infine anche della copertina, che piace ed entusiasma tutti, ma anche qui c’è un’opinione ribelle da parte di Serenabook: Secondo me non le rende giustizia. Inizialmente la pensavo anche io un po’ così. La copertina la sceglie l’editore e quando l’ho vista (io ho fatto un istituto d’arte, e ho lavorato in questo campo, amo disegnare, quindi sono sempre un po’ critica per le copertine), ho chiesto all’editore la motivazione di questa scelta pulita e minimal. La sua risposta è molto logica: il libro non ha una fascia di età ben stabilita, può essere letto anche da ragazzi più grandi, e una copertina illustrata e troppo colorata, come avrei voluto, avrebbe finito per confondersi con gli altri libri. Ho scoperto che questa copertina piace molto.
L’incontro finisce lasciando tutti emozionati e profondamente colpiti. Al termine, i ragazzi ci raccontano, in poche ma importanti parole, cosa si portano via da questa chiacchierata.
Federos: mi ha colpito il fatto che uno scrittore ci mette il cuore, una parte di sé nello scrivere un libro. Real: la natura può dare ma può anche togliere. Sery: dopo aver letto bianco non ho pensato ad altro nei giorni successivi. La mia parola è emozioni. Serenabook: quando non c’è più nulla, bisogna trovare qualcosa a cui aggrapparsi. Soff: la mia parola è punti di vista perché quest’incontro mi ha aperto a tante chiavi di lettura del libro. Lullaby: voglia di godere dei piccoli momenti e apprezzare le cose che abbiamo. Meri_nga: voglia di riflettere per i tanti stimoli soprattutto per quanto riguarda il rispetto per la terra, che non diventi come nel libro. Marty05: passione e bianco. Vic: speranza di poter tornare presto alla normalità. Wiki: i libri non sono di chi li scrive ma di chi li legge. Valentina: calore e freddo. Paola: l’incontro mi ha lasciato queste parole domande di senso. Giuliana: l’amore entra nella programmazione delle nostre vite.
Grazie a tutti, ripenserò molto a tutto ciò che mi avete chiesto e penserò al fatto che anche stasera ho imparato tanto! Con questa riflessione Laura Bonalumi ci saluta chiudendo l’incontro e noi di Leggere Ribelle la ringraziamo per la sua storia, le sue parole e la sua energia vitale e positiva!
Il libro Il grido del lupo, di Melvin Burgess, parla di Ben, un ragazzino che ha rivelato al Cacciatore dell’esistenza dell’ultimo branco di lupi grigi in Inghilterra: una specie che si credeva estinta da anni. Dopo questa scoperta il Cacciatore dà inizio a una caccia spietata alla ricerca dell’ultimo branco di lupi inglesi.
Questo libro mi ha colpito molto e mi ha fatto riflettere su quanto possano essere brutali gli uomini al giorno d’oggi. La storia rispecchia pienamente la realtà del bracconaggio del presente e del passato.
La scrittura, cruda e reale, mi ha fatto capire quanto fosse grave tutto quello che veniva narrato nel libro. Inoltre, mi ha colpito e intristito il fatto di come l’uomo possa essere talmente brutale, al punto che gli animali risultano più “umani” di lui.
Alexandra è una ragazza innocente, debole e sola che riesce a esprimere se stessa solo attraverso la recitazione, grazie alla quale si estranea dai problemi che la tormentano. Entra a far parte di un mondo dove la realtà non è mai come sembra e le ragazze che ti salutano dopo un giro in centro si spogliano per gioco, soldi e storie da raccontare. Lei stessa imparerà che la vita non è una fiaba a lieto fine, i principi azzurri non esistono, sono solo mostri in sella a un cavallo bianco e le principesse sono costrette a salvarsi da sole.
Alexandra è sicuramente una vittima, ma fino a che punto? E’ succube di una nonna troppo protettiva che le ha sempre tarpato le ali per paura che volasse via. Inoltre la troppa permissività della madre, così insicura nel suo nuovo ruolo da genitore e la solitudine a cui ormai era abituata, la porta a circondarsi inconsapevolmente di persone tossiche, tra cui Ruben, il fidanzato dai modi gentili e affascinanti, e a compiere scelte superficiali e sconsiderate che l’hanno spinta sull’orlo di un baratro dal quale sarà difficile uscire. Ruben è l’unica cosa che le impedisce di infrangersi in mille pezzi e lei fa di tutto per soddisfare le sue aspettative e per esserne all’altezza. All’inizio un semplice no, un rifiuto, avrebbe potuto far finire tutto, sarebbe potuta tornare alla vita di tutti i giorni, alla sua solitudine e alle sue insicurezze, ma quel no esce dalle sue labbra quando ormai è troppo tardi. Dopotutto voleva solo sentirsi amata e accettata, rifugiandosi in un bellissimo sogno che purtroppo non corrisponde alla realtà. Tutto quel trucco e gioielli riescono a mascherare perfettamente le sue insicurezze, facendola sentire forte e sicura di sé. Quando balla sotto quelle luci abbaglianti, circondata da voci e mani estranee, non è più Alexandra, la debole ragazzina balbuziente, ma una donna splendida e desiderabile che finalmente si sente accettata. Alla fine quel mondo fin troppo perfetto si rivela bruscamente per quello che è, un incubo, ma lei continua comunque a volerne far parte, offuscata dall’amore che nutre per Ruben. Un amore fittizio e manipolatore che aveva rubato la sua innocenza senza alcuno scrupolo, un amore che le aveva consumato l’anima.
Nemmeno un bacio prima di andare a letto, di Manuela Salvi, è un libro forte e attuale. Durante la lettura si alternano sentimenti di sdegno e compassione. Le vicende sono vivide e sembra quasi di poter intervenire. La scrittura è scorrevole, le parole ti colpiscono dritte nell’anima e la storia ti travolge come un’onda portandoti fino al finale. È facile immedesimarsi nella protagonista, ma difficile assistere impotenti alle sue scelte.
Alexandra, la protagonista, è così debole, ingenua e manipolabile che i suoi atteggiamenti sconsiderati danno quasi fastidio. Lei è del tutto dipendente dagli altri, ha così poca fiducia in se stessa che non si reputa nemmeno degna di prendere decisioni e da qui deriva anche il suo totale abbandono agli altri. É sicuramente una protagonista per cui si prova una forte avversione soprattutto per quello che rappresenta, quell’innocenza corrotta dalla mancanza di consapevolezza. Infatti sembra quasi che non abbia mai conosciuto il male, ma neanche il bene. Per tutta la vita si è trovata in questo limbo, dove l’ assenza di entrambi i concetti le ha causato una totale indecisione e indifferenza.
Come fosse un fiore che quando arriva una tempesta non fa niente per evitare di spezzarsi perché non sa riconoscere il male. Alexandra, alla fine, proprio come quel fiore, si spezza con la sola colpa di aver sperato e di aver fatto la scelta sbagliata.
Quest’anno Leggere Ribelle ha partecipato al Festival Mare di Libri, che si è tenuto online nel mese di giugno. Tra i tanti progetti e iniziative che sono stati proposti c’era anche questo: cercare, tra i libri degli scaffali di casa, una frase che più di altre riuscisse a rappresentare l’adolescenza. Cos’è l’adolescenza? Come si esprime? Cosa rappresenta?
I nostri lettori ribelli hanno contribuito inviando citazioni dai loro libri preferiti e molte di queste sono state scelte per essere lette da Fabio De Luigi nella serata dedicata all’adolescenza. Alcuni contributi non sono stati scelti per le tante proposte, ma noi non abbiamo voluto sprecare la bellezza e la profondità di queste frasi e parole.
Quindi, ve le proponiamo qui, accompagnate da alcune foto, fatte dagli stessi lettori ribelli, che vogliono rappresentano le parole chiave di ogni frase.
d
Ma mi ascolta mai? Le è mai venuto in mente che io non sono silenziosa? Io sto zitta. Non c’è posto per il mio rumore.
Zag – Bianca, Bart Moeyaert
Non si ribellava mai perché non amava dare dispiaceri alla gente, semplicemente se ne andava quando era in disaccordo con qualcuno, vinceva la sua battaglia rinunciando a combattere. Manifestava così la bimba capricciosa che non era mai stata.
Soff – Non ho mai avuto la mia età, Antonio Dikele Distefano
I ragazzi che si amano si baciano in piedi Contro le porte della notte E i passanti che passano li segnano a dito Ma i ragazzi che si amano Non ci sono per nessuno Ed è soltanto la loro ombra Che trema nel buio Suscitando la rabbia dei passanti La loro rabbia il loro disprezzo i loro risolini la loro invidia I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno Loro sono altrove ben più lontano della notte Ben più in alto del sole Nell’abbagliante splendore del loro primo
Amore
JulieJane – I ragazzi che si amano in Spectacle, Jacques Prévert
Condividiamo la nostra pazzia, le nostre nevrosi, il nostro piccolo pezzetto di deragliamento, vena distintiva della nostra famiglia. Lo condividiamo. E questa cosa somiglia tanto all’amore.
Marty05 – Mentre noi restiamo qui, Patrick Ness
E non c’è niente di peggio che non sapere e non sapendo non poter chiedere. Mi avevano trattato come fossi incapace di capire e così facendo avevano permesso che io trovassi risposte plausibili alle domande sbagliate e il fatto, ecco, è che tutto nella vita parte da quello: dalle domande.
Book Raider – Anime scalze, Fabio Geda
Ci infiliamo a letto con ancora addosso i vestiti della notte precedente. Provo a leggere, ma le parole vorticano sulla pagina incapaci di trovare un ancoraggio sicuro. Allora decido di ascoltare un audiolibro e appoggio la testa sulla spalla di mia sorella che dorme.
Mary-Jo – I postumi della sbornia in One, Sarah Crossman
Il fatto è che, in un gruppo, tutti agiscono fondamentalmente allo stesso modo, è così che il gruppo si tiene insieme. Tutti? Chiese lei. Beh, quasi tutti, risposi. Per questo ci sono prigioni e manicomi, perché le cose continuino così.
Lullaby & Meri_nga – Stargirl, Jerry Spinelli
È durante l’adolescenza che comincia a formarsi attorno al nostro corpo un’invisibile corazza. Si forma durante l’adolescenza e continua a ispessirsi per tutta l’età adulta.
Sery – Va dove ti porta il cuore, Susanna Tamaro
Le cose importanti. Le cose importanti. Le cose importanti. Comincio a sentirmi come se il pavimento stesse crollando tutto in una botta, ma al rallentatore, e io ho i piedi appesi al vuoto che cascano ogni secondo un po’ di più. Le cose importanti.
Marty05 – AFK, Alice Keller
Al risveglio sento ancora il sapore di anguria lasciatomi dalla sua bocca. Dopo che mi sono lavata i denti, l’aroma svanisce, allora chiedo un chewing-gum a Jon e per tutto il giorno ho in bocca il gusto del suo bacio.
Mary-Jo – Sapore d’anguria in One, Sarah Crossman
Quattordici anni è volere tutto e niente nello stesso momento.
Annie – Cose che nessuno sa, Alessandro D’Avenia
Io sono molto più furiosa di quanto le immagina. Con una sola differenza però: io non faccio quasi rumore.
Zag – Bianca, B. Moeyaert
Giac si voltò verso l’amico. “Cosa succedequando un sasso è fatto di carta? O la carta è di roccia e le forbici non tagliano?”
Lullaby & Meri_nga – La prima volta che ho baciato, Tommaso Percivale
“Tutto bene?” chiese suo padre con un buffetto affettuoso al ginocchio. Aveva il dono di fare domande quando non c’era mai tempo per quello che avrebbe dovuto seguire un eventuale No. E infatti Lucy finiva sempre per rispondere che sì, andava tutto bene.
Questo libro parla di una famiglia composta da Jojo, Kayla, la madre dei due ragazzi Leonie, la loro nonna Mam, malata di cancro, e il nonno Pop.
La loro è una famiglia un po’ fuori dal comune: Mam è una donna che cura le persone con medicine a base di erbe medicinali e pratica rituali mistici per invocare gli spiriti; Leonie, da quando ha perso il fratello Given, ha cominciato a drogarsi ed è diventata sempre meno presente, mentre Jojo e Kayla vengono accuditi dal nonno Pop. Il padre di Jojo e Kayla, Michael, sta per uscire di prigione. Da lì inizierà un viaggio per recuperarlo, ma tornati a casa dovranno fare i conti con la morte di Mam e gli spiriti che sono venuti a riprenderla.
Canta, spirito canta di Jesmyn Ward, anche se è un po’ lento, è molto bello. Inoltre mi è piaciuta particolarmente la scrittura che mi ha fatto immedesimare nei singoli personaggi e condividere o essere in disaccordo con i loro punti di vista.
Le descrizioni, alcune volte, sono talmente dettagliate che ci si tuffa immediatamente nel luogo dove si svolge la storia. Come se fossi un uomo invisibile lì a guardare la scena.
Ophelia parla di una ragazza la cui vita da “stracciona” viene capovolta dopo un incontro inaspettato con una autrice, la quale le regala un quaderno che diventerà poi il diario dove racconterà la sua vita. Ophelia, che sente il bisogno di dipingere per esprimersi, trova una casa abbandonata, che diventerà poi il suo atelier. Qui tutto va per il meglio fino a quando la ragazza non è costretta a condividere il suo rifugio sicuro con un estraneo.
Abbiamo trovato questo libro di Charlotte Gingras scontato e con personaggi banali. A nostro parere la trama è assai prevedibile e il lettore non riesce a immedesimarsi nei personaggi per capire ciò che provano. La scrittura e la mentalità della protagonista sono troppo semplici per rappresentare il diario di una sedicenne. Anche il messaggio di fondo ci ha messo in difficoltà, per alcuni di noi è parso incomprensibile e quasi nullo, per altri invece il libro simboleggia un messaggio positivo di accettazione verso se stessi e gli altri.
Il personaggio di Ophelia è pieno di contraddizioni e per questo non ci è piaciuto; ha una grande sensibilità ma al tempo stesso indossa una maschera di arroganza e aggressività che la porta a sfogare la sua rabbia su persone simili a lei, denigrate ed escluse dalla società.
Tutti i rapporti sono forzati e poco verosimili: l’amicizia e l’amore dei protagonisti sono spinti dalla solitudine; l’amore platonico per la scrittrice si basa su fondamenta poco stabili e lo stesso vale per i legami familiari. Le 252 pagine purtroppo non invogliano il lettore a proseguire e arrivare alla fine del romanzo.
Siamo giunti alla fine di questo anno un po’ particolare, ma noi non ci siamo mai arresi.
I lettori e le lettrici ribelli hanno continuato a leggere e leggere e hanno riempito le loro menti di storie! Fortunatamente, sono riusciti a vedersi (adeguatamente a distanza) e a dirsi arrivederci fino al prossimo settembre, quando torneranno ancora più forti.
Ma prima di entrare a tuffo nell’estate vi lasciano i loro super consigli di lettura estivi, eccoli:
B-Hook, che dopo due fantastici anni raggiunge la maggiore età e saluta il gruppo Leggere Ribelle, ci propone “Elevation” di Stephen King e si aggiudica il diploma di Lettrice Ribelle dalla redazione!
Anche i lettori e le lettrici ribelli di Verona vogliono lasciarci i loro consigli, eccoli: