Leggere Ribelle incontra Laura Bonalumi

Festival e dintorni, Perché consiglieresti questo libro a un amico o a un'amica?
QUESTO ARTICOLO CONTIENE SPOILER

Fuori dalla chiesa, la peggiore bufera di neve che si ricordi.
Dentro la chiesa, sette persone rifugiate e isolate dal mondo.
Una ragazza, una donna, due bambini, un uomo, un prete, un ladro. Tutti hanno perso qualcosa di molto prezioso. Ma nessuno ha perso la speranza di uscire da lì, salvarsi e tornare nel mondo esterno.
Mentre fuori la nevicata non accenna a diminuire, dentro i viveri scarseggiano e ogni decisione può fare la differenza tra sopravvivere e morire.

Inizia così Bianco, romanzo distopico della scrittrice italiana Laura Bonalumi, e credo non ci sia modo migliore per riassumere la tragica ma potente storia raccontata nel libro.

I giovani ragazzi del gruppo Leggere Ribelle hanno avuto l’onore di incontrare, online, la scrittrice milanese. Dopo aver letto il libro Bianco, i ragazzi hanno raccolto moltissime impegnative, pensate, ponderate domande che hanno poi posto all’autrice. Questa ha risposto con considerazioni profonde ed equilibrate, ma sempre un po’ ribelli, caratteristica fondamentale per il nostro gruppo. Ma ora lascio la parola direttamente ai giovani ribelli e alla scrittrice, che vi riporteranno direttamente all’interno della loro appassionante conversazione.

L’incontro inizia con il nostro classico giro di saluti colorati e, dopo una piccola introduzione, si entra subito nel vivo delle domande.

SERY: Come si è sentita quando, dopo aver scritto Bianco, il mondo ha subito un cambiamento simile a quello raccontato nel libro? E com’è nata, invece, l’idea di un romanzo distopico?
Quando ho iniziato a pensare a questo libro ero a Conegliano Veneto e questa storia è arrivata a me dopo un fermo della scrittura. Non sono una scrittrice diligente, ho bisogno di sentire la scrittura che spinge per cominciare a battere sui tasti del computer. A Conegliano Veneto stavo quindi osservando i ragazzi di Friday for Future che manifestavano, poi alla sera in albergo in tv davano il film The day after tomorrow, che parla di una glaciazione della terra. Ho collegato le due cose. Sono molto attenta ai segni, alle coincidenze. Lì è nata l’idea di abbinare la mia preoccupazione per la nostra terra e la mia passione per la neve.
Quando comincio a pensare a una storia vedo in giro segni che parlano di quell’argomento e mi convinco che la storia è giusta. Bianco non l’ho scritto durante la pandemia, ma prima. Forse è stato un allarme nella mia testa che mi faceva pensare che qualcosa sarebbe successo, la mia grande preoccupazione per la Terra si faceva sentire. Ho pensato Magari ora qualcuno starà a sentire la nostra Madre Terra, che come sapete dà tanto ma toglie altrettanto. E quando toglie, lo fa in maniera esorbitante.

SOFF: Con questo libro vuole dare un messaggio di avvertimento o di speranza? Alla fine, i protagonisti incontrano altre persone, ma non ci sono evidenti segni che la neve si possa sciogliere presto.
Non c’è un happy ending, è vero. Le storie che scrivo hanno tendenzialmente un finale aperto perché il lettore può decidere se continuare la storia, e come continuarla, in base a ciò che ha provato leggendola. Per questo lascio sempre un finale un po’ sospeso. C’è sempre la speranza, ovviamente. Anche se mi accorgo di trattare di temi pesanti cerco di lasciare sempre la speranza perché è ciò che ci fa muovere. Voi giovani siete la speranza. Io, infatti, ho chiuso questo libro porgendovi le mie scuse, perché noi che siamo più adulti dobbiamo ammettere di non aver mai pensato alla Terra, ma abbiamo cercato solo di produrre profitto illudendoci che questo profitto fosse benessere. Questo libro non è proprio un avvertimento, ma una luce in più su questo problema che ci riguarda davvero tutti.

WIKI: Perché, in tutti gli altri suoi romanzi, la neve mostra il suo “lato buono” e in Bianco c’è invece una neve che uccide, una neve fredda, più maligna?
Come ho detto prima, Madre Natura può diventare matrigna: terremoti, uragani, quando Madre Natura alza la voce.  C’è un doppio lato della natura, una doppia faccia: è l’unico modo che essa ha per farsi sentire, affinché noi prestiamo attenzione a ciò che le stiamo facendo. Quindi sì, anche la mia amata neve può trasformarsi, per ricordarci quando ci stiamo comportando male.

REAL: Nel romanzo la protagonista evidenzia spesso il fatto che si sente come se la natura l’avesse tradita. Questo rapporto con la natura che significato ha per lei?
È il mio rapporto con la natura: l’amore e la paura che io nutro verso Madre Terra. Da una parte mi spaventa, ma penso che sia proprio la voce della natura che ci comunica che qualcosa non va, che ci stiamo facendo male. Tutti questi eventi naturali catastrofici vogliono richiamare la nostra attenzione. Vi sarete accorti anche voi che durante il lockdown i cieli erano diversi, a Venezia si vedevano i fondali, i cerbiatti scendevano a valle. La natura ci ha mostrato come si potrebbe vivere, come potrebbe essere. Il sentimento di tradimento, però, non lo provo verso la natura, ma verso noi stessi, che non l’abbiamo curata e ve l’abbiamo lasciata ferita.

MERI_NGA: Nelle prime pagine, durante una conversazione tra la protagonista e Davide, lei parla di come, davanti alla mancanza delle cose più grandi, la presenza di quelle minori non ha valore. Durante tutto il racconto, però, viene messo in evidenza il fatto che ciò che prima era considerato futile acquista, in un contesto in cui manca il necessario, una grande importanza. Quale crede sia il pensiero più emergente nel libro, così come nella nostra vita?
È una bellissima osservazione: il valore delle piccole cose. Ho sempre cercato di gioire per le piccole cose: guardare un film, mangiare la pizza, andare a trovare la zia o il compagno. Durante questo lockdown, che è simile a quello avuto dai protagonisti, mi sono accorta di come le piccole cose tornassero importanti: una partita a carte, fare i puzzle insieme. Durante la pandemia non ho scritto nulla e ho letto pochissimo, ma mi sono dedicata a cose che non faccio normalmente. Ritrovare il piccolo negozio sotto casa, che magari ti era sfuggito per la fretta di fare la spesa. Ricordarsi, parlarsi, dirsi come si sta, come si vive questo momento. La velocità ti fa perdere il panorama, il nostro viver così veloce ti fa perdere il valore delle cose. Rallentare, osservare, sono momenti fondamentali che mi piacerebbe tornassero. Cerco sempre di raccontare di questo. Quando si va veloci i particolari sfuggono. Le persone invece le si riconoscono dalle piccole cose. Voi siete un piccolo gruppo, voi siete un gruppo prezioso.

FEDEROS: Ho notato che il carattere di Isabella è descritto in modo molto preciso, soprattutto il suo rapporto con la religione. Ha preso spunto da persone che conosce per inventare il personaggio?
I personaggi li descrivo poco fisicamente, ma più caratterialmente, come hai giustamente notato. Poi, però, i personaggi me li creo fisicamente nella mente o cercando immagini. Per Isabella pensavo alla Katniss di Hunger Games con questa lunga treccia, la sua decisione e una volontà di ferro. Mi tengo queste immagini e poi ci abbino delle caratteristiche di persone che conosco, vari tratti di personalità. Mi concentro molto sul carattere, identifico i personaggi a livello caratteriale: la debolezza di Miriam, la forza di Davide… Ognuno ha una definizione propria del suo carattere.

SERENABOOK: La morte, in questo libro, viene quasi consacrata mentre di solito è un argomento di cui è difficile parlare, come mai questa scelta?
Io parlo spesso di morte, perché purtroppo nelle nostre vite sarà capitato a tutti di dover salutare qualcuno. Ho cercato di parlare del fatto della morte per far parlare tra di loro i protagonisti, affinché raccontassero il dolore quando si ritrovano a perdere qualcuno. La tragedia della neve, il gesto di Don Pietro, il tentativo di Miriam di far addormentare i gemellini. Ho parlato della morte cercando di darle il giusto valore perché è parte delle nostre vite, una situazione con cui dobbiamo convivere. Ne parlo affinché, quando capita a qualcuno di noi, si trovi il coraggio di parlarne. Quando provo dolore e lo tengo tutto per me, questo diventa molto forte. Se provo invece a condividere questo dolore… Se riesco a raccontare a te il mio dolore e tu mi stai ascoltando è come se il mio dolore diventasse un po’ più piccolo perché tu te ne stai facendo carico e di conseguenza mi stai aiutando. E’ vero, la morte è una parte molto negativa della nostra vita, ma è una parte della nostra vita molto presente.

REAL: Nel libro tratta temi difficili come quello del lutto, secondo lei è giusto parlare con i giovani di tutte le emozioni, anche quelle più negative?
Sì, penso proprio di sì. Credo che con voi ragazzi si possa e si debba parlare di tutto, con i dovuti modi e mezzi. Ovviamente e soprattutto perché voi giovani siete più bravi a gestire alcune situazioni. La vostra purezza e visione della vita non condizionata è più propensa a trovare soluzioni, ragioni e metodi di comprensione. Due anni fa ho perso la mia migliore amica, proprio mentre ricevevo un premio per un libro che parlava della perdita di un amico. In quel momento ne ho parlato con i ragazzi che erano con me e parlarne con loro mi ha aiutato, mi ha fatto sentire meglio. Parlare di tutto con voi nel modo giusto, senza forzare o provocare reazioni incandescenti, è indispensabile. Dobbiamo parlare di queste cose nel modo che meritano. 

WIKI: Mi ha colpito molto il fatto che Miriam, a un certo punto, pensasse di avvelenare Anna e Luca, e mi sono chiesta se ha pensato molto o poco a come creare questa disperazione che divora da dentro e che non lascia pace.
Tracciare il canovaccio di una storia è un’esperienza molto personale, che cambia man mano che si scrive. Sono i personaggi stessi che ti portano verso determinate strade: per esempio, il tentativo di Miriam inizialmente non lo avevo pensato, ma poi ho capito che dovevo mostrare in qualche modo quella disperazione e quel dolore enorme e inqualificabile che lei non riusciva a raccontare e che io non riuscivo a raccontare con le parole. Ho deciso quindi di farle compiere questo gesto estremo per raccontare il suo dolore. La disperazione che ti fa mettere in atto dei gesti estremi.

VIC: Nel libro tutti hanno perso qualcuno. Tutti però trovano qualcun altro di cui prendersi cura. Sembra un romanzo anche sul prendersi cura, di sé stessi e degli altri. Giusto?
È giusto dire che questo è un libro sul prendersi cura di altri. Come quando si racconta del proprio dolore, è una condivisione e una cura reciproca. Quando racconti a qualcuno il tuo dolore, te ne liberi. Allo stesso tempo prendersi cura di un’altra persona è prendersi cura di se stessi, un modo per volersi bene. Capire il dolore degli altri ti fa capire di non esser l’unico in una situazione di sofferenza, ti rende consapevole di essere sullo stesso piano.

SOFF: Perché ha deciso di inserire una specie di storia d’amore tra due protagonisti?
Io sono una di quelle che critica sempre gli editori e gli insegnanti che non consigliano libri d’amore. Penso che oltre a tutti i temi importantissimi che vengono citati sempre nei libri per ragazzi (bullismo, abuso, violenza), c’è la tendenza a mettere l’amore in un angolino. Le insegnanti dicono Ma non c’è nel programma e io rispondo Ma l’amore entra nella programmazione delle nostre vite. Se noi non sappiamo gestire il sentimento, la nostra vita sarà un po’ più arida. L’amore è il motore del mondo e delle nostre vite. L’amore condizionerà nel bene o nel male le nostre vite sempre, non solo ai giovani ma a tutti, a qualsiasi età. L’amore è ciò che muove la nostra energia. La speranza nel libro è data dal raggio di sole o dal cane che arriva col messaggio, ma anche dall’amore che ancora brucia dentro i personaggi. Raccontate i vostri sentimenti, perché sono un dono.

SERENABOOK: Ogni personaggio racconta, anche nel suo piccolo, quelle che sono le tappe della propria vita e come ha affrontato questo cambiamento. Fa parte della costruzione dei personaggi o le è venuto naturalmente finché scriveva?
Fa parte della costruzione dei personaggi. Per raccontare e creare la vita di un personaggio, io devo raccontare le sue passioni, chi era prima del grande disastro. Per questo ognuno, in qualche modo, racconta all’altro quali sono i passati sogni e desideri. I personaggi sono in una situazione drammatica di emergenza e il loro comportamento è diverso rispetto a quello che potrebbe essere in una situazione tranquilla di banale quotidianità. Quando Giovanni arriva, Isabella prova ostilità nei suoi confronti, all’inizio c’è paura a raccontarsi ma ci si può prendere cura degli altri solo se loro riescono a raccontarti di se stessi e si aprono con te.

REAL: Mi ha colpito il rapporto di Isabella con la religione: il suo sperare pur sentendosi tradita da Dio.
Questo è un tema che ho voluto affrontare, perché anche nelle scuole la religione ormai è insegnata come catechismo. Ma la religione dovrebbe essere insegnata come studio su come la stessa abbia regalato gioie e speranza, ma anche dolore e difficoltà. I dubbi che la fede ti pone sono fondamentali, altrimenti non sarebbe fede. Se non credi nel mio Dio, credi nell’uomo, ma in qualcosa bisogna credere. Nella scienza, in un dio, nella natura. Un appiglio al quale mi aggrappo quando l’acqua sale e che mi tiene a galla. Isabella si pone delle domande e le chiede a Don Pietro: perché succedono queste cose? Pietro non vuole giustificare, ma cerca di trovare delle risposte che potrebbero arrivare dalla sua fede. Bisognerebbe chiedere ai ragazzi In cosa credete? È importante riconoscere qual è quell’appiglio di ognuno.

WIKI: Per me, ha un significato particolare anche la morte di Pietro e le convinzioni di Isa sul fatto che se Dio esistesse li aiuterebbe, ma non lo ha fatto. Ci spiega un po’ più approfonditamente questa visione della religione? È la sua o solo quella del suo personaggio?
È un po’ una mia visione. Quando un autore scrive non deve entrare ad agire sui sentimenti dei personaggi, ma io volevo che Isabella arrivasse a raccontare questo punto di vista particolare: si deve credere in qualcosa. Isabella arriva all’esasperazione del: il tuo Dio dove sta ora? Pietro gli risponde che in qualcosa si dovrebbe credere. Io credo meno nella chiesa, ma credo in Dio. Ognuno ha una fede per qualcosa, non necessariamente per una religione. Ho una visione molto libera, ognuno di noi crede in quello che vuole, e ho provato a far raccontare a Isabella che, nel rispetto del credo di ognuno di noi, io devo trovare il mio.

MERI_NGA: Isabella crede che non possa esistere un Dio che ama ma che lascia causare tanto male. Lei cosa ne pensa?
La posizione di Isabella è la posizione carica di certezza che avete voi ragazzi a quest’età: tutto è bianco o nero. È la sintesi di alcuni modi che avete di arrivare a concludere certi argomenti. Isabella incarna quindi la vostra opinione, dall’altra parte Pietro tenta di spiegare cos’è la fede: chi crede, trasforma quello che di negativo gli succede in qualcosa che insegna. La religione è credere in qualcosa che è molto più grande di noi, che ci può aiutare, e che, nonostante possa apparire talvolta crudele, ha sempre un insegnamento dietro di sé. Chi ha fede percepisce il male come fosse insegnamento di questa fede. I ragazzi hanno questa forza di credere di scelte assolute, o è bene o è male. Invece no, c’è sempre una spiegazione per qualsiasi cosa. Avere fede in qualcosa è un gesto importante.

JO: Il finale è aperto all’immaginazione del lettore, nessuna certezza su ciò che accadrà alla famiglia bloccata dalla frana, nessuna certezza su ciò che accadrà ai personaggi principali, nessuna parola FINE, come è solito trovare nell’ultima pagina di un libro. Come mai questa scelta? Ci sono probabilità di una possibile parte 2?
Dirò all’editore che bisognerà scrivere il seguito! Il finale aperto è una scelta per lasciare il lettore a pensare ancora per un po’. Chiudere una storia mi sembrerebbe un po’ pretenzioso e presuntuoso. Io, autore, ti ho accompagnato in questo cammino, ma non voglio chiudertelo. Sarai tu, lettore, a decidere se chiuderlo o meno, se il ghiaccio si scioglierà e arriverà il sole. Il lettore diventa il protagonista e sceglie di continuare, modificare o chiudere il finale. Questa è la magia dei libri.

JO: Perché questo titolo? Credo che il titolo dovrebbe spiegare meglio il succo della storia.
I titoli vengono solitamente scelti dagli editori. Il titolo che avevo scelto era Nascosti tra le righe, ma me l’hanno bocciato subito. Però, in fondo, loro stanno all’interno perché fuori tutto è bianco e questo bianco li forza a raccontare, a convivere, ad aiutarsi. Tutto accade per il bianco. All’inizio era Nel bianco, ma io ho deciso di togliere il Nel per renderlo più pulito.
Jo aggiunge: avrei preferito Nascosti tra le righe, è più misterioso ma riassume tutta la storia.

COPERTINA: Si parla infine anche della copertina, che piace ed entusiasma tutti, ma anche qui c’è un’opinione ribelle da parte di Serenabook: Secondo me non le rende giustizia.
Inizialmente la pensavo anche io un po’ così. La copertina la sceglie l’editore e quando l’ho vista (io ho fatto un istituto d’arte, e ho lavorato in questo campo, amo disegnare, quindi sono sempre un po’ critica per le copertine), ho chiesto all’editore la motivazione di questa scelta pulita e minimal. La sua risposta è molto logica: il libro non ha una fascia di età ben stabilita, può essere letto anche da ragazzi più grandi, e una copertina illustrata e troppo colorata, come avrei voluto, avrebbe finito per confondersi con gli altri libri. Ho scoperto che questa copertina piace molto.

L’incontro finisce lasciando tutti emozionati e profondamente colpiti. Al termine, i ragazzi ci raccontano, in poche ma importanti parole, cosa si portano via da questa chiacchierata.

Federos: mi ha colpito il fatto che uno scrittore ci mette il cuore, una parte di sé nello scrivere un libro.
Real: la natura può dare ma può anche togliere.
Sery: dopo aver letto bianco non ho pensato ad altro nei giorni successivi. La mia parola è emozioni.
Serenabook: quando non c’è più nulla, bisogna trovare qualcosa a cui aggrapparsi.
Soff: la mia parola è punti di vista perché quest’incontro mi ha aperto a tante chiavi di lettura del libro.
Lullaby: voglia di godere dei piccoli momenti e apprezzare le cose che abbiamo.
Meri_nga: voglia di riflettere per i tanti stimoli soprattutto per quanto riguarda il rispetto per la terra, che non diventi come nel libro.
Marty05: passione e bianco.
Vic: speranza di poter tornare presto alla normalità.
Wiki: i libri non sono di chi li scrive ma di chi li legge.
Valentina: calore e freddo.
Paola: l’incontro mi ha lasciato queste parole domande di senso.
Giuliana: l’amore entra nella programmazione delle nostre vite.

Grazie a tutti, ripenserò molto a tutto ciò che mi avete chiesto e penserò al fatto che anche stasera ho imparato tanto!
Con questa riflessione Laura Bonalumi ci saluta chiudendo l’incontro e noi di Leggere Ribelle la ringraziamo per la sua storia, le sue parole e la sua energia vitale e positiva!

Valentina Ganassin