Recensione a tre voci: Valentina, Anna ed Elisa
Spesso si considera che i ragazzi non pensino ad altro che a divertirsi; insomma alla loro, alla nostra, età non si hanno problemi, o almeno così la società spesso ci rappresenta: sfaticati che trovano ogni scusa buona per lamentarsi. Ma “gli 8 del Dubai” direi proprio che hanno deciso di abbattere, di distruggere e disintegrare questo pregiudizio; il loro dolore, la loro rabbia, la loro voglia di urlare sono trasudati da queste pagine, entrati nell’inchiostro, tracciando la netta frattura che si delinea nel cuore del lettore. (Valentina – 18 anni)
Tutto ha inizio in un centro commerciale, primo luogo di ritrovo che viene in mente a dei ragazzi per la fuga perfetta da scuola, ma che sarà solo il punto di partenza per una giornata che li segnerà più di quello che credevano. Da compagni ad amici. Perché alla fine è questo che diventano: una manciata di ragazzi che decide di balzare scuola, ognuno con un segreto diverso, ognuno impegnato a nascondere un dolore, si vede diventare in poco tempo un gruppo. Per loro è qualcosa che non si può spiegare a parole ma che li fa sentire bene; sulla spiaggia di un posto qualsiasi si crea un legame fatte di scoperte, risate, lacrime. (Anna – 17 anni)
Ma chi sono questi Sbagliati? Otto anime in cerca di ristoro, di un posto in cui sentirsi a casa, un gruppo in cui sentirsi famiglia. Forse la trovano, forse no, ma certamente l’avventura che vivono colmerà un poco quel vuoto che li attanaglia. Ognuno con l’aiuto dell’altro riesce a richiudere, magari anche solo di poco, quel suo buco nero che ha risucchiato energie e felicità. (Valentina)
Gli sbagliati del Dubai parla di sopravvivenza, di rinascita. Tutto può cambiare, e se a farlo non è ciò che succede intorno a noi può esserlo invece il nostro modo di vederlo, affrontarlo, condividerlo con chi ci sta attorno. (Anna)
In quest’ultimo romanzo di Palumbo, si parla di amicizia, di avventura ma anche di dolore, un dolore che prende varie sfaccettature ma che può attaccare ognuno di noi. (Valentina)
Forse una degli aspetti che ho apprezzato di più è stato notare come i ragazzi si parlavano l’un l’altro: all’inizio timorosi e divisi, pieni di pregiudizi detti senza pensarci, e in realtà vuoti di quelle parole che volevano uscire davvero. Pian piano ognuno di loro ha fatto capolino, prima una confessione timida, poi un racconto al buio; narrare le loro storie è stato come alleggerirsi di un peso, condividerlo, avvicinarsi un po’ di più a quelle nuvole disegnate da Monique. È solo grazie a questo viaggio che vengono fuori quelle debolezze e paure che sembravano inesistenti da fuori. È solo con il buio che ognuno di loro capisce quanto in realtà voglia rimanere attaccato alla vita. Come Maya è “riparatrice” per sua mamma questo gruppo si sorregge a vicenda, incerto, uno più traballante dell’altro ma proprio per questo unito. (Anna)
Devo essere sincera, parlare di questo libro non è stato facile, sono stata molto combattuta sulla direzione in cui avrebbe peso la bilancia: se da un lato abbiamo un romanzo travolgente, emozionante ma anche duro; dall’altra la superficialità con cui sono stati trattati determinati temi è sconcertante. Certo, dalle parole si è compreso il dolore, la sofferenza e in tutta onestà ho apprezzato come il tema della droga e dell’overdose sia stato trattato in un romanzo YA; allo stesso tempo, però, ho notato la voglia in qualche modo di fare troppo. Mettere tutta questa carne al fuoco, senza spiegazioni, senza conclusioni, beh non ha fatto altro che bruciare e con essa sono bruciate anche un po’ le mie aspettative sul libro. Come spesso succede nei romanzi per ragazzi, gli autori sentono il bisogno di alzare le aspettative per scrollarsi di dosso l’ombra della loro categoria di lettori, e spesso ciò porta al voler mettere troppe “tematiche pesanti” senza però dare le adeguate spiegazioni. Questa è l’unica pecca di un libro che a mio parere dovrebbe comunque essere letto: poco meno di 200 pagine e si può percorrere un viaggio nel tortuoso cuore di un adolescente, o anzi in quello di otto, scoprendo forse aspetti anche di noi stessi, che non ci saremmo mai aspettati. (Valentina)
Lo stile veloce e lineare accompagna questa avventura, parole che vogliono essere lette tutte d’un fiato come per loro è stata quella giornata; i dialoghi forse sono meno realistici, a mio parere appesantiti da espressioni come “amo” e “tesoro”. Ho notato sicuramente un rimando con A un passo dalle stelle: la ricerca di sé stessi e di una propria identità in un mondo che ti fa sentire sbagliato, un viaggio con persone “sconosciute” che alla fine non lo sono più. È un libro che consiglierei principalmente alla fascia delle medie, leggero e continuo. (Anna)
Gli sbagliati del Dubai è un libro forte ma molto bello, che tocca i problemi principali che i ragazzi e le ragazze più sfortunati si trovano a dover affrontare. Le sensazioni dei personaggi, la loro storia e il loro modo di essere trapelano dalle parole che essi dicono. Mi è piaciuto molto anche la sensazione di avventura che si percepiva leggendo questo libro. Tutti quanti loro sono rinchiusi nel loro guscio, troppo feriti dalla crudeltà del mondo per fidarsi dei loro amici. Consiglierei questo libro a qualcuno che ha bisogno di sfogarsi su una situazione pesante, per fargli capire che non è il solo o la sola a dover affrontare questi problemi. Siamo tutti umani, tutti facciamo errori, tutti incontriamo sofferenze che riusciamo a superare soprattutto grazie alla nostra forza e al sostegno di chi ci vuole bene. (Elisa – 13 anni)